
di Arturo GNESI, sindaco di Pastena
Il 27 gennaio si celebra la giornata mondiale delle vittime dello sterminio del popolo ebreo, è il giorno della memoria per non relegare nell’oblio la shoah.
A distanza di tanti anni il terrore di quelle immagini in bianco e nero che fecero il giro del mondo allorché le truppe alleate liberarono i campi di concentramento di Auschwitz e Birckenau, pare affievolito come pure distratte appaiono le riflessioni sui disastri provocati dai regimi totalitari e dalle dottrine razziali.
Corpi nudi che non si reggevano in piedi, occhi scavati e sguardi persi nel vuoto, accanto a fosse comuni dove erano stati frettolosamente ammucchiati le membra di tanti uomini e donne fino a quel giorno sfuggiti alle camere a gas e ai forni crematori.
I campi di concentramento erano il frutto della follia umana ma parte di una organizzazione perfetta che aveva l’obiettivo dapprima di rastrellare gli ebrei e poi di deportarli e di eliminarli con fredda, cinica e crudele efficacia.
Una risoluzione studiata a tavolino, perseguita con un crescendo di leggi e divieti che convinsero la gente comune ad accettare le deportazioni come il male minore e forse in alcuni casi a credere addirittura che gli ebrei fossero la radice dei mali della società contemporanea.
Una politica dittatoriale e un parlamento in mano a bande di esagitati che imprigionavano i diversi, portavano al confino i disobbedienti e imbavagliavano la stampa.
La shoah, ovvero la morte della democrazia, l’eclissi della giustizia, l’oblio della libertà.
La giornata della memoria deve rendere omaggio al sacrificio di milioni di ebrei, uomini, donne e bambini, di ogni ceto sociale che un irrepetibile e sciagurato regime decise di eliminare con ogni mezzo e a qualsiasi costo.
Una società solidale e libera deve mostrare a tutte le generazioni gli effetti di un ventennio che produssero danni irreparabili e che calpestarono anzitutto il diritto alla vita e calpestarono il rispetto alla civile coesistenza tra culture e religioni diverse.
Memoria e ragione per capire che quella sciagura fu anche provocata dai silenzi delle diplomazie europee, dagli interessi delle grandi industrie della guerra, dalla timidezza di tutte quelle istituzioni che non ebbero il coraggio di opporsi al dilagante dominio nazi-fascista.
Oggi i contesti economici sono cambiati, le relazioni internazionali non più soggette ai rigidi vincoli del nazionalismo, altre potenze finanziarie sono presenti sullo scacchiere internazionale, nazioni sconosciute fino a qualche decennio fa sono diventate potenze nucleari, il ricatto energetico di alcuni paesi medio-orientali condiziona le alleanze e la realpolitik.
Oggi la commemorazione del 27 gennaio può apparire un rito celebrativo senza alcun legame con i problemi attuali e soprattutto estranei ai fenomeni della disoccupazione e della crisi economica che sta vivendo la comunità occidentale.
Occorre tuttavia sottolineare come alcuni atteggiamenti xenofobi e razzisti sono pericolosi per la pacifica convivenza e alimentano ovunque le ideologie totalitarie che furono alla base dei regimi dittatoriali del secolo scorso.
La società dell’accoglienza, della pace e della democrazia deve ricordare l’olocausto degli ebrei perché mai e da nessuna parte possano ripetersi tragedie simili.