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In Calabria un’isola degli abati di Montecassino

di Romina D’aniello

Tra le cartoline del Sud Italia ce n’è una che attira l’attenzione per chi decide di scendere lungo tutta la punta dello stivale tricolore: è quella che illustra l’isolotto di fronte a Tropea, nella provincia di Vibo Valentia, prima del misterioso Capo Vaticano.

Il suo fascino è duplice: deriva innanzitutto dalla sua storia come elemento naturale. In passato l’isolotto di Tropea era staccato dalla terra ferma ed era divenuto meta di intrepidi eremiti, che potevano arrivare in cima solo scalando gli scogli. Dopo il sisma del 1783 e l’onda anomala che scaturì, l’isola di Santa Maria venne allineata all’arenile tropeano.

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Ma fascino, specialmente per chi – come me – è cresciuto all’ombra di Montecassino, emana anche sapere che Santa Maria dell’Isola, cum omnibus pertinentiis suis, compariva “nell’elenco delle dipendenze della Badia Cassinese” redatto sulle formelle della porta di bronzo di Montecassino (fuse tra l’altro a Costantinopoli) per commissione dell’abate Desiderio.

Già nel 1066, dunque, quando fu fusa la porta di bronzo della Badia Cassinese, l’isola è menzionata.

Rientra evidentemente nella necessità – poco mistica – di avere il controllo del traffico navale, per cui già in età normanna l’abbazia benedettina ottenne alcuni porti ed approdi in Calabria, dove far confluire ed imbarcare i prodotti dei suoi numerosi fondi dell’entroterra.

Ancora oggi il santuario appartiene alla diocesi di Montecassino. La cooperativa calabrese”Magnificat” gestisce il flusso di turisti che arriva numeroso ogni giorno dall’unica ripidissima scala di accesso scavata nel tufo.

Intorno non incontriamo nessun monaco nè riconosciamo i simboli cassinesi: Santa Maria dell’Isola appare come una imperdibile meta turistica che regala foto indimenticabili grazie al suo panorama e alla sua essenza che la rende contemporaneamente “vicina e lontana dalla terraferma”.

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All’interno vi si pratica il culto della Sacra Famiglia: le tre statue, deposte sull’altare maggiore,  vengono portate in processione sul mare ogni 15 agosto.

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E veniamo alla parte pratica: percorrere la scala ed entrare nel santuario non prevedono pagamenti di sorta. Un biglietto onesto di 1 euro e cinquanta centesimi (che sale a due euro per gli evventurieri notturni, ma il mezzo euro in più la costa lo vale tutto) consente invece di accedere al museo, che contiene i segni dell’appartenenza a Montecassino, al giardino – un angolo di macchia mediterranea arricchito di panchine per meditare e sognare – e alla vista panoramica sul mare.

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