Home Politica Il “ruggito” dei 77 ex consiglieri regionali

Il “ruggito” dei 77 ex consiglieri regionali

di ARTURO GNESI, sindaco di Pastena  

Passano gli anni ma vedo in giro,  lo stesso atteggiamento politico teso a salvare la faccia e a conservare il potere.

L’indignazione e la rabbia ormai stanno lasciando il posto alla rassegnazione e all’idea che la cosa più saggia sia ritirarsi a vita privata e coltivare tutti gli interessi che sono stati  trascurati e umiliati con l’esercizio dell’attività  pubblica.

Ho avuto una certa riluttanza ascoltando, qualche sera fa,  su rai tre durante il programma di Riccardo Iacona,  “presa diretta”  le rivendicazioni di Fernando D’amata ormai a riposo da anni che si è sentito ingiustamente penalizzato da un provvedimento regionale che ha tagliato di circa mille euro il suo vitalizio mensile.

Dinanzi alle pensioni da fame, alla disoccupazione record, ai giovani che brancolano nel buio alle famiglie sempre più povere  e mentre la ricerca universitaria riceve l’elemosina dallo Stato c’è chi, per essere stato  consigliere e assessore regionale , firma assieme ad altri 77  ex colleghi un ricorso al tribunale per questa  grave e dannosa  discriminazione!

E’ stato un democristiano doc,  con un senso pratico che prevaleva sulle dotte divagazioni filosofiche, ma comunque un uomo che in nome dei principi della dottrina sociale della chiesa, dei valori della solidarietà e dell’amore fraterno ha ricevuto i voti della gente e ha acquisito un notevole peso e rilievo sull’intero comprensorio provinciale .

E’ un  esempio, come tanti del distacco della politica dagli ideali, un caso tipico di come la politica non è testimonianza o militanza ma solo la rappresentazione di un ruolo dove il cinismo e il pragmatismo hanno il sopravvento e diventano gli strumenti necessari per l’acquisizione e la conservazione del potere.

Il popolo in questo caso non conta nulla ma viene impapocchiato con facili promesse,  addolcito con scambi di favori e illuso ad arte facendogli credere di avere in mano  il bastone del comando.

Questa concezione utilitaristica della carriera politica e l’uso del consenso per mantenere privilegi e status sociale ha contribuito a creare un fossato tra la nomenclatura e l’opinione pubblica e la “casta” si sta difendendo da questo malumore creando  meccanismi di scelta della classe dirigente che sono sempre più svincolati e autonomi dal potere locale.

Chi decide non è più la base, il territorio, le sezioni, gli iscritti, ma sono le gerarchie consolidate e arroccate nelle loro postazioni lontane e impermeabili alla volontà dei cittadini.

La rotta della politica appare decisamente indifferente alle richieste degli enti locali che sono sempre più strozzati dai loro debiti e pagano gli anni del malgoverno e degli sprechi ma  soprattutto naviga al largo delle coste e non vede che la corruzione, la mafia  e il malaffare insidiano tuttora le istituzioni .

Nessuno abbandona la nave anzi molti chiedono di salire a bordo per sentirsi al sicuro e per non vedere da vicino le lacrime e il sudore che la politica della quotidianità richiede ai suoi semplici soldati stanchi ormai di dire sempre signorsì.